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“L’altro cancro”: quello culturale, emotivo e spirituale dell’idrosadenite suppurativa




Chi vive con l’idrosadenite suppurativa lo sa: non c’è solo il dolore fisico. C’è quello che non si dice. Quello che si accumula. Quello che, se avesse un nome, si potrebbe chiamare cancro culturale, emotivo e spirituale.

Lo so, è una parola forte. Ma serve, a volte, una parola forte per rompere il silenzio educato intorno a una sofferenza che continua a non essere riconosciuta. E no: non è una provocazione, è una constatazione.


Quasi tutti i pazienti si nascondono

Tutti, o quasi, i pazienti con HS attraversano una fase di nascondimento. Non si parla solo di nascondere le lesioni, ma di nascondere parti di sé: il corpo, certo, ma anche la libertà, il desiderio, la possibilità di vivere con leggerezza.

Ci si chiude, perché si ha paura di essere fraintesi, giudicati, scartati. E questo accade molto prima di ricevere una diagnosi, e spesso continua anche dopo. Accade nelle scuole, nei posti di lavoro, nelle relazioni, negli ambulatori dove nessuno ha mai sentito parlare della tua malattia.


Il logoramento silenzioso

Questo nascondersi, questo rinunciare, produce un logoramento lento ma continuo. Un erosione del diritto alla dignità, al piacere, alla rappresentazione. Un vuoto culturale che si fa dolore spirituale. Non nel senso religioso del termine, ma in quello profondamente umano: sentirsi fuori posto nel mondo.

È così che la malattia, da dermatologica, diventa esistenziale. Ti entra nel modo in cui ti racconti, ti percepisci, ti pensi. Ti convince che non puoi chiedere troppo. Che devi accontentarti.


Ma qualcuno, intanto, tira fuori la voce

È da qui che nasce Passion People: da questo bisogno urgente di tirare fuori, di rompere la rassegnazione. Siamo nati per questo: perché la malattia non debba più essere anche una condanna all’invisibilità.

Facciamo campagne, progetti, ricerche scientifiche, eventi pubblici. Ma soprattutto: stiamo accanto. Amplifichiamo. Accogliamo. Mettiamo le mani, le parole, i corpi, dove prima c’era il vuoto.


La vera cura non è solo medica

Una terapia funziona meglio quando si è ascoltati. Quando si è riconosciuti. Quando si smette di aver paura di chiedere. Per questo serve anche una cura culturale dell’idrosadenite suppurativa. Una riparazione collettiva del modo in cui questa malattia è stata ignorata, nascosta, fraintesa.

Non possiamo promettere guarigione a tutti. Ma possiamo — questo sì — restituire voce, spazio, possibilità. E presenza.

Non si guarisce solo con i farmaci. Si guarisce, un po’ alla volta, anche quando si smette di sentirsi soli.

 
 
 

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