
Se si frequentano i gruppi social delle malattie della pelle, anche non assiduamente, una cosa salta all'occhio subito: la sofferenza espressa dai pazienti è differente da un gruppo all'altro.
In particolare, l'idrosadenite suppurativa è vissuta e rappresentata dai pazienti come un "calvario", infatti anche la letteratura conferma che è una malattia cronica della pelle con un forte impatto sulla qualità della vita (QoL) dei pazienti.
Sintomi pensanti, ripercussioni psicosociali elevate, dolore forte e quotidiano, compromissione dei movimenti, spesso inabilità a compiere non solo le mansioni lavorative ma addirittura comuni attività quotidiane.
Ciò nonostante l'idrosadenite non ha esenzioni e nelle tabelle Inps non vi è traccia di invalidità.
Rispetto a molte diverse condizioni cutanee, e in particolare alla psoriasi, l'HS è la condizione più dannosa, anche dinanzi a bassi livelli di gravità clinica, così come si evince anche dalla letteratura.
L'idrosadenite si aggrava fortemente molto spesso. Le fasi acute possono essere ordinarie e incidono profondamente sull'equilibrio psichico-fisico del paziente.
Da diversi racconti dei pazienti, inoltre, emerge che stress e traumi psico-emotivi sono certamente fattori che insieme a quelli fisici, come nel caso di un contenzioso o di un incidente, aggravano le condizioni dei malati di idrosadenite.
Ciò che consigliamo nei casi sopra citati è di valutare il problema del nesso causale e quindi del riconoscimento del danno biologico indiretto consistente nel peggioramento di una condizione patologica preesistente o dell'esordio dell'idrosadenite.
Ma quand'è che si parla di danno biologico? Quando una persona fisica subisce una lesione nel fisico o nella psiche si realizza il danno biologico, che deve essere risarcito in quanto l’integrità fisica è un bene costituzionalmente garantito.
Nel quantificare il danno biologico, in seguito a un incidente ad esempio, si dovrebbe tener conto anche di questa patologia, nel caso in cui si manifestasse o si aggravasse, se già presente.
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