Idrosadenite: la domanda che salva
- Giusi Pintori

- 10 set
- Tempo di lettura: 4 min

Una guida per pazienti, caregiver e comunità
L’idrosadenite suppurativa (HS) non è “solo pelle”. È dolore, bruciore, odore, ferite che vanno e vengono, vergogna, giornate di lavoro o scuola saltate. Tutto questo può pesare anche sulla salute mentale: tristezza, ansia, sentirsi soli, fino ai pensieri di farsi del male.La cosa più importante da ricordare è questa: parlarne è già cura. Chiedere (o dire) come va non aumenta il rischio; al contrario, protegge.
Se vivi con HS: non è colpa tua
Avere giorni “no” è normale. Non dice nulla del tuo valore.
La malattia può farti evitare persone, palestra, mare, intimità. Non sei l’unico/a.
Chiedere aiuto non è debolezza. È una forma di cura di sé.
Quando è il momento di chiedere aiuto?
Tristezza quasi ogni giorno, per settimane.
Perdita di interesse per le cose che ti piacevano.
Pensieri del tipo: “Tanto non cambierà”, “Meglio sparire”, “Forse sarebbe meglio morire”.Se ti riconosci in una o più di queste situazioni, parlane subito con qualcuno di fiducia o con un professionista.
Cosa dire al medico (o all’infermiere) senza giri di parole
Se non sai da dove cominciare, puoi usare queste frasi “pronte”:
“Ho l’HS e sto facendo fatica con l’umore. Potremmo fare uno screening per la depressione?”
“Negli ultimi giorni mi è capitato di pensare che la vita non valga la pena. Vorrei capire cosa posso fare.”
“Il dolore e l’odore mi isolano. Mi serve aiuto anche per la testa, non solo per la pelle.”
Piccoli questionari come il PHQ-9 (sull’umore) e strumenti brevi per valutare il rischio suicidario aiutano a capire quanto stai soffrendo e quale passo fare dopo. Non sono esami, sono conversazioni guidate.
Se sei un caregiver, un familiare, un amico
La domanda che salva è semplice: “Come stai, davvero?”Se temi che la persona stia pensando di farsi del male, puoi chiedere in modo diretto e rispettoso:
“Negli ultimi giorni ti è capitato di pensare di farti del male o che sarebbe meglio morire?”
Se la risposta è “sì”
Resta con la persona. Ascolta. Niente giudizi, niente frasi tipo “Dai, pensa positivo”.
Togli i rischi a portata di mano (farmaci, alcol, oggetti pericolosi), se puoi farlo in sicurezza.
Chiama aiuto (vedi “In caso di urgenza”). Accompagna la persona se serve.
Non tenere il segreto se è in pericolo. Meglio un amico “invadente” che un amico in meno.
Se la risposta è “no, ma sto male”
Proponi un appuntamento con il medico di base o con il Centro di Salute Mentale (CSM).
Offriti di andare insieme. A volte il passo più difficile è uscire di casa.
Frasi che aiutano
“Ti credo.”
“Non sei un peso.”
“Restiamo insieme finché non troviamo un aiuto.”
Frasi da evitare
“Esageri.” – “C’è chi sta peggio.” – “Devi solo distrarti.”
Un piano personale per i giorni difficili (salvalo sul telefono)
Compila questi punti quando stai abbastanza bene, così li avrai pronti quando servono.
I miei segnali d’allarme (es. non esco più, dormo troppo/poco, salto i pasti…).
Cose che mi aiutano subito (doccia calda, ghiaccio sul dolore, respirazione 4-6, musica, una passeggiata breve, impacchi prescritti).
Due persone che posso chiamare (nome + numero).
Un luogo dove mi sento più al sicuro (casa di…, stanza tranquilla, parco vicino).
Professionisti/servizi (medico di base, ambulatorio HS, CSM/psicologo, numero della guardia medica).
Come metto al sicuro l’ambiente (farmaci chiusi, alcol fuori casa, oggetti taglienti non accessibili).
Se peggiora: chiamo subito i numeri qui sotto o chiedo a … di accompagnarmi al Pronto Soccorso.
Dolore, odore, vergogna: tre nodi da sciogliere insieme
Dolore: non devi “resistere”. Chiedi una terapia del dolore e rivedi le cure dell’HS: ridurre l’infiammazione aiuta anche la mente.
Odore/essudato: esistono prodotti e coperture discrete; fatti consigliare in ambulatorio.
Vergogna: non è un tuo difetto. È un effetto della malattia e dello stigma. Parlarne con chi capisce alleggerisce.
Miti & fatti (in 30 secondi)
“Se parlo di suicidio, peggioro le cose.” → Falso. Parlare in modo diretto riduce il rischio.
“Devo farcela da solo/a.” → Falso. L’HS è una malattia cronica: team, strumenti e rete servono proprio a questo.
“Il medico penserà che cerco attenzioni.” → Falso. Dire come stai è informazione clinica essenziale.
Se studi o lavori
Hai diritto a cure e a tutele. Chiedi informazioni su permessi, flessibilità, esoneri temporanei o smart working quando il dolore è forte. Un certificato che spiega la condizione può essere utile. Ricorda: valore e dignità non dipendono dai “giorni produttivi”.
In caso di urgenza
Se tu o qualcuno è in pericolo immediato, chiama il 112 (Numero Unico Emergenza).Se non è urgente ma ti serve aiuto:
Contatta il Medico di Medicina Generale.
Rivolgiti al Centro di Salute Mentale della tua zona o ai servizi psicologici della tua ASL.
Parla con l’ambulatorio che ti segue per l’HS: aprire una porta in più fa la differenza.
Conclusione: chiedere è prendersi cura
“Come stai, davvero?” è una domanda semplice che può salvare. Se vivi con l'HS, meriti ascolto e percorsi chiari. Se sei un caregiver o un amico, il tuo esserci è già parte della cura. Se fai parte della comunità—compresi datrici e datori di lavoro, insegnanti, allenatori—puoi contribuire a un ambiente che non lascia indietro nessuno.
Condividi questo testo con chi può averne bisogno. E ricorda: non sei solo/a










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