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Idrosadenite: la domanda che salva

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Una guida per pazienti, caregiver e comunità

L’idrosadenite suppurativa (HS) non è “solo pelle”. È dolore, bruciore, odore, ferite che vanno e vengono, vergogna, giornate di lavoro o scuola saltate. Tutto questo può pesare anche sulla salute mentale: tristezza, ansia, sentirsi soli, fino ai pensieri di farsi del male.La cosa più importante da ricordare è questa: parlarne è già cura. Chiedere (o dire) come va non aumenta il rischio; al contrario, protegge.


Se vivi con HS: non è colpa tua

  • Avere giorni “no” è normale. Non dice nulla del tuo valore.

  • La malattia può farti evitare persone, palestra, mare, intimità. Non sei l’unico/a.

  • Chiedere aiuto non è debolezza. È una forma di cura di sé.

Quando è il momento di chiedere aiuto?

  • Tristezza quasi ogni giorno, per settimane.

  • Perdita di interesse per le cose che ti piacevano.

  • Pensieri del tipo: “Tanto non cambierà”, “Meglio sparire”, “Forse sarebbe meglio morire”.Se ti riconosci in una o più di queste situazioni, parlane subito con qualcuno di fiducia o con un professionista.


Cosa dire al medico (o all’infermiere) senza giri di parole

Se non sai da dove cominciare, puoi usare queste frasi “pronte”:

  • “Ho l’HS e sto facendo fatica con l’umore. Potremmo fare uno screening per la depressione?”

  • “Negli ultimi giorni mi è capitato di pensare che la vita non valga la pena. Vorrei capire cosa posso fare.”

  • “Il dolore e l’odore mi isolano. Mi serve aiuto anche per la testa, non solo per la pelle.”

Piccoli questionari come il PHQ-9 (sull’umore) e strumenti brevi per valutare il rischio suicidario aiutano a capire quanto stai soffrendo e quale passo fare dopo. Non sono esami, sono conversazioni guidate.


Se sei un caregiver, un familiare, un amico

La domanda che salva è semplice: “Come stai, davvero?”Se temi che la persona stia pensando di farsi del male, puoi chiedere in modo diretto e rispettoso:

“Negli ultimi giorni ti è capitato di pensare di farti del male o che sarebbe meglio morire?”

Se la risposta è “sì”

  1. Resta con la persona. Ascolta. Niente giudizi, niente frasi tipo “Dai, pensa positivo”.

  2. Togli i rischi a portata di mano (farmaci, alcol, oggetti pericolosi), se puoi farlo in sicurezza.

  3. Chiama aiuto (vedi “In caso di urgenza”). Accompagna la persona se serve.

  4. Non tenere il segreto se è in pericolo. Meglio un amico “invadente” che un amico in meno.

Se la risposta è “no, ma sto male”

  • Proponi un appuntamento con il medico di base o con il Centro di Salute Mentale (CSM).

  • Offriti di andare insieme. A volte il passo più difficile è uscire di casa.

Frasi che aiutano

  • “Ti credo.”

  • “Non sei un peso.”

  • “Restiamo insieme finché non troviamo un aiuto.”

Frasi da evitare

  • “Esageri.” – “C’è chi sta peggio.” – “Devi solo distrarti.”


Un piano personale per i giorni difficili (salvalo sul telefono)

Compila questi punti quando stai abbastanza bene, così li avrai pronti quando servono.

  1. I miei segnali d’allarme (es. non esco più, dormo troppo/poco, salto i pasti…).

  2. Cose che mi aiutano subito (doccia calda, ghiaccio sul dolore, respirazione 4-6, musica, una passeggiata breve, impacchi prescritti).

  3. Due persone che posso chiamare (nome + numero).

  4. Un luogo dove mi sento più al sicuro (casa di…, stanza tranquilla, parco vicino).

  5. Professionisti/servizi (medico di base, ambulatorio HS, CSM/psicologo, numero della guardia medica).

  6. Come metto al sicuro l’ambiente (farmaci chiusi, alcol fuori casa, oggetti taglienti non accessibili).

  7. Se peggiora: chiamo subito i numeri qui sotto o chiedo a … di accompagnarmi al Pronto Soccorso.


Dolore, odore, vergogna: tre nodi da sciogliere insieme

  • Dolore: non devi “resistere”. Chiedi una terapia del dolore e rivedi le cure dell’HS: ridurre l’infiammazione aiuta anche la mente.

  • Odore/essudato: esistono prodotti e coperture discrete; fatti consigliare in ambulatorio.

  • Vergogna: non è un tuo difetto. È un effetto della malattia e dello stigma. Parlarne con chi capisce alleggerisce.


Miti & fatti (in 30 secondi)

  • “Se parlo di suicidio, peggioro le cose.” → Falso. Parlare in modo diretto riduce il rischio.

  • “Devo farcela da solo/a.” → Falso. L’HS è una malattia cronica: team, strumenti e rete servono proprio a questo.

  • “Il medico penserà che cerco attenzioni.” → Falso. Dire come stai è informazione clinica essenziale.


Se studi o lavori

Hai diritto a cure e a tutele. Chiedi informazioni su permessi, flessibilità, esoneri temporanei o smart working quando il dolore è forte. Un certificato che spiega la condizione può essere utile. Ricorda: valore e dignità non dipendono dai “giorni produttivi”.


In caso di urgenza

Se tu o qualcuno è in pericolo immediato, chiama il 112 (Numero Unico Emergenza).Se non è urgente ma ti serve aiuto:

  • Contatta il Medico di Medicina Generale.

  • Rivolgiti al Centro di Salute Mentale della tua zona o ai servizi psicologici della tua ASL.

  • Parla con l’ambulatorio che ti segue per l’HS: aprire una porta in più fa la differenza.


Conclusione: chiedere è prendersi cura

“Come stai, davvero?” è una domanda semplice che può salvare. Se vivi con l'HS, meriti ascolto e percorsi chiari. Se sei un caregiver o un amico, il tuo esserci è già parte della cura. Se fai parte della comunità—compresi datrici e datori di lavoro, insegnanti, allenatori—puoi contribuire a un ambiente che non lascia indietro nessuno.


Condividi questo testo con chi può averne bisogno. E ricorda: non sei solo/a

 
 
 

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