L’idrosadenite suppurativa (HS) rappresenta un viaggio complesso e spesso frustrante per i pazienti, che affrontano anni di sintomi e numerose consultazioni mediche prima di ottenere una diagnosi corretta. Questo ritardo nel diagnosticare la malattia e la mancanza di una gestione ottimale del trattamento emergono come criticità importanti nel percorso di cura.
9 anni per una diagnosi
Nonostante il 63% dei pazienti con HS si rivolga a un medico entro il primo anno dalla comparsa dei sintomi, il tempo medio per ottenere una diagnosi è di circa 9 anni. Questo dato sottolinea una carenza informativa e formativa significativa nella gestione iniziale della malattia. Nel corso di questo periodo, il paziente consulta mediamente cinque clinici differenti, prevalentemente il medico di famiglia e vari dermatologi sia privati che ospedalieri.
Il ruolo chiave del dermatologo e la scarsità di centri specializzati
Per circa il 66% dei pazienti, il dermatologo è lo specialista di riferimento per la gestione dell’HS. Tuttavia, solo due pazienti su cinque risultano seguiti in centri specializzati, destinati spesso a coloro che manifestano forme gravi della malattia. La mancanza di un accesso diffuso ai centri di riferimento limita le possibilità di diagnosi tempestive e trattamenti personalizzati, che potrebbero migliorare il decorso della patologia.
Il supporto insufficiente di nutrizionisti e psicologi
Un’altra difficoltà nel percorso terapeutico è rappresentata dal supporto limitato di nutrizionisti e psicologi, due figure fondamentali per la gestione dell’HS. Meno della metà dei pazienti riceve consulenze nutrizionali, e solo un terzo cerca aiuto psicologico, di solito su propria iniziativa. Questo aspetto rivela una lacuna significativa nell’approccio multidisciplinare, essenziale per affrontare una malattia che impatta tanto sul corpo quanto sulla psiche.
Insoddisfazione diffusa e difficoltà nelle terapie: cosa non funziona nel patient journey
La maggioranza dei pazienti, oltre il 70%, dichiara insoddisfazione per il proprio percorso di cura, con critiche rivolte in particolare alla diagnosi tardiva e alla scarsa efficacia dei trattamenti disponibili per il controllo dei sintomi. Paradossalmente, il livello di soddisfazione o insoddisfazione non cambia in base alla gravità della malattia: anche chi presenta forme lievi evidenzia insoddisfazioni. Tuttavia, il dermatologo rappresenta l’elemento di maggiore supporto e soddisfazione nel percorso terapeutico, grazie al rapporto di fiducia instaurato con i pazienti.
Cosa serve? Un percorso da migliorare con diagnosi precoce e approccio multidisciplinare
Per garantire ai pazienti con idrosadenite suppurativa un percorso di cura più efficace, è cruciale investire in strategie che migliorino la diagnosi precoce e in team multidisciplinari capaci di offrire un supporto completo. Ogni passo compiuto per ridurre il tempo di diagnosi e per implementare una gestione integrata può fare una grande differenza nella qualità della vita dei pazienti con HS.
Giusi Pintori sul Patient Journey dei pazienti con Idrosadenite Suppurativa: Innovare per un’assistenza più rapida e integrata
"L’analisi del patient journey per l’idrosadenite suppurativa evidenzia alcune difficoltà serie che dobbiamo affrontare con un approccio innovativo e proattivo. Il dato preoccupante di un ritardo medio di 9 anni per ottenere una diagnosi è sintomatico di una carenza profonda, non solo nella diagnosi iniziale, ma anche nell’educazione dei clinici di primo contatto. Per colmare questo divario, è essenziale sensibilizzare e formare sia i medici di base sia i dermatologi non specializzati sulla possibilità di HS nei pazienti che presentano specifici sintomi cutanei ricorrenti.
Il ruolo del dermatologo emerge come centrale, tuttavia, la limitata disponibilità di centri di riferimento per HS rappresenta un ostacolo che mina una presa in carico completa. L’investimento in una rete di centri specializzati con una più ampia accessibilità regionale potrebbe garantire che anche i pazienti con forme meno gravi di HS possano beneficiare di cure tempestive e specialistiche.
Inoltre, l’aspetto multidisciplinare non può più essere considerato un lusso, ma un pilastro della cura di questa condizione cronica. I dati rivelano una lacuna evidente nel supporto nutrizionale e psicologico, figure che invece possono offrire un sostegno cruciale per gestire le comorbidità e migliorare la qualità di vita dei pazienti. Incorporare figure come psicologi e nutrizionisti direttamente nei centri di riferimento HS, anziché lasciare che l’accesso a questi specialisti dipenda esclusivamente dall’iniziativa del paziente, è un passaggio fondamentale per un approccio completo e olistico.
L’alto livello di insoddisfazione riportato dai pazienti ci invita a ripensare profondamente il modello assistenziale: migliorare la rapidità della diagnosi e offrire una gestione integrata e continuativa della malattia sono obiettivi prioritari. Solo così possiamo trasformare il percorso di cura dell’idrosadenite suppurativa da un viaggio lungo e frustrante in un sistema di supporto più rapido, accessibile e umano."
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