La pelle non mente: come l’Intelligenza Artificiale può cambiare la cura (solo se ascolta i pazienti)
- Giusi Pintori

- 2 ott
- Tempo di lettura: 2 min

La pelle è il nostro confine con il mondo. Quando si infiamma, racconta dolore, identità e vita sociale. Chi convive con idrosadenite suppurativa, psoriasi o dermatite atopica lo sa bene: non è “solo pelle”, ma una condizione che tocca corpo, mente e relazioni.
Per i pazienti significa dolore, stigma, isolamento, difficoltà lavorative. Per i professionisti della salute, significa percorsi complessi da gestire lungo tutta la vita.
E qui entra in gioco l’Intelligenza Artificiale (IA): uno strumento che può accelerare diagnosi, aiutare a personalizzare terapie, ridurre liste d’attesa e favorire la tele-dermatologia.
Ma attenzione: la vera promessa dell’IA non è l’algoritmo che vede. È la comunità che ascolta.
Malattie dermatologiche croniche: un banco di prova
Patologie come HS, psoriasi e dermatite atopica richiedono:
diagnosi tempestive,
team multidisciplinari,
continuità assistenziale lungo tutto l’arco della vita.
L’IA può contribuire a rafforzare questi pilastri, ma non sostituirli.
Cosa può (e non può) fare l’IA
✔ Migliorare la diagnosi precoce
✔ Personalizzare i trattamenti
✔ Ottimizzare i processi organizzativi
❌ Non sostituire il giudizio clinico contestuale
❌ Non generare fiducia e relazione
❌ Non ridurre da sola le disuguaglianze
L’Europa è chiara: innovazione digitale sì, ma sempre con equità, inclusione e partecipazione attiva dei cittadini.
Eccellenze italiane che fanno scuola
In Italia ci sono esperienze che mostrano come innovazione e cultura della cura possano camminare insieme:
IDI Roma (IRCCS) – diagnostica avanzata con imaging 3D e IA
SIDeMaST – società scientifica che valorizza il dermatologo come riferimento
Paola Velardi (Sapienza, Roma) – pioniera negli studi su IA e salute
Eugenio Santoro (Istituto Mario Negri) – voce autorevole su sanità digitale ed etica dei dati
Le loro ricerche ci ricordano che senza trasparenza, fiducia e partecipazione, l’innovazione non può generare vero valore.
Pazienti come stakeholder attivi
Chi convive ogni giorno con una malattia cronica della pelle è un osservatore unico della propria condizione. Per questo l’UE promuove l’health literacy: cittadini che comprendono, partecipano, decidono.
L’IA può raccogliere dati, ma solo la relazione può includere davvero.
Un futuro ibrido e inclusivo
Non basta parlare di “tempo liberato per essere più umani”.Dobbiamo ripensare cosa significa essere umani in un contesto dove digitale e relazione co-esistono.
Io voglio essere un ponte in questo cambiamento: tra pazienti e professionisti, tra scienza e umanità. Perché il futuro della dermatologia cronica non deve essere solo più efficiente, ma anche più giusto, equo e accogliente.
In arrivo: un’indagine per dare voce ai pazienti
Nei prossimi giorni lanceremo un’indagine anonima dedicata a chi convive con idrosadenite suppurativa, psoriasi o dermatite atopica. Vogliamo capire come i pazienti vedono l’uso dell’Intelligenza Artificiale nella cura: opportunità, timori, bisogni reali.
Perché l’IA può raccogliere segnali, ma solo le persone possono dare senso e direzione all’innovazione.










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